Poter
usufruire mediante un semplice click di aggiornamenti in tempo reale provenienti dai
quattro angoli del globo stando comodamente seduti in poltrona o in
metropolitana è sicuramente una delle più straordinarie conquiste e innovazioni
dell'epoca in cui viviamo. Conseguenza inevitabile di una società che deve
consumare tutto alla velocità della luce (notizie, ma anche mode, costumi,
canzoni, ecc.) è che ci sia una vasta rete di mass media in grado di riprendere novità, diffondere nuove
tendenze, arrivando alle persone il più rapidamente possibile non solo per
informarle, ma, sovente per indirizzarle nei modi di pensare e di agire. È
infatti ben noto al grande pubblico l'aforisma del magnate dell'informazione
Charles Foster Kane nel capolavoro di Orson Welles, 'Quarto potere' (1941): 'io
sono un'autorità su come far pensare la gente. Ci sono i giornali per esempio, sono proprietario di molti giornali da New York a San Francisco...'. A distanza di settantacinque anni
il tutto risulta ovviamente assai più amplificato e complesso.
Oggi,
come e più di allora infatti, bruciare le tempistiche è diventata sempre più
una necessità pressante e inaggirabile, vista anche la serrata competizione tra
televisioni, siti internet, emittenti radiofoniche e quotidiani per catturare i
lettori e gli ascoltatori, tuttavia la divulgazione delle notizie dovrebbe
sempre essere ponderata oltre che istantanea, senza che la velocità vada
ineluttabilmente a detrimento della veridicità, dell'accuratezza quando non,
addirittura, del buon senso. Se, infatti, le elementari norme deontologiche
dell'informazione non vengono rispettate perché sacrificate alla logica deIl'audience il risultato ultimo è che,
travolti come quotidianamente siamo da una spropositata quantità di notizie non
sappiamo più, in quanto opinione pubblica, nemmeno a quali fonti affidarci per
poter conferire un certificato grado di affidabilità a quanto leggiamo e
ascoltiamo. In sostanza la ‘overdose’ mediatica quotidiana cui siamo sottoposti
penalizza drasticamente, e inevitabilmente, la qualità di una corretta
informazione. Essere più informati non significa automaticamente essere
meglio informati. Può sembrare un paradosso, ma non lo è. Associato alla superficialità
di certi mass media c'è poi il
discorso della privacy: minori e,
finanche, bambini impiegati impropriamente in spot e campagne pubblicitarie
illimitate che vengono talvolta ripresi e rilanciati su giornali, Tv e Internet
senza alcuna protezione o filtro. Non solo bambini, comunque. In questo senso il
primo esempio che viene in mente, anche perché strettamente legato all’attualità,
è quello dei poliziotti italiani che hanno fermato e ucciso a Sesto San
Giovanni l'autore della strage del mercatino di Natale a Berlino: immediatamente
dopo i fatti abbiamo visto la velocità con la quale sono stati resi pubblici i
nomi e i volti di questi due agenti, senza pensare ad eventuali ripercussioni
future per la vita di queste persone. Il motivo è presto detto: l'enfasi data
dai media alla 'caccia all'uomo' scatenata dagli inquirenti nei giorni
successivi all'attentato terroristico aveva portato ad una frenesia quasi
isterica all’interno del circo mediatico nazionale nel momento della
'neutralizzazione' del soggetto in questione. Del resto qui si aveva a che fare
con un appartenente all'autoproclamato stato islamico, e non con criminali
comuni. A onor del vero i primi a rivelare l’identità degli agenti
sono stati membri delle istituzioni e quindi la frittata, per così dire, era
già stata fatta, ma l'esercito dell'informazione ha subito preso la palla al
balzo, pubblicando le foto di queste due persone e diffondendo persino qualche
informazione sulla loro vita personale.
Last but not least,
cavalcare le paure anziché governare le emozioni o, peggio, creare vere e
proprie psicosi sociali di massa del tutto inopportune e ingiustificate sono di
frequente gli spiacevoli 'effetti collaterali' di questa ipertrofia di mezzi di
comunicazione, i quali combattono tra di loro sempre più sul terreno del sensazionalismo e del colpo ad effetto. Ecco che la logica dello show business va a braccetto con quella dell'audience, ed il cerchio si chiude perfettamente, in deroga all’ottemperanza
di criteri deontologici propri della professione giornalistica, oltre che del
buon senso.
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