martedì 25 ottobre 2016

Teatri d'opera: un sistema che non funziona

Teatri d’opera italiani: non ci sono i soldi per andare avanti. In Italia, infatti, solo tre enti lirici sono riusciti ad avere un bilancio in pareggio o in attivo nell'ultimo anno. Si tratta della Scala di Milano, del Regio di Torino e de La Fenice di Venezia. Come mai tutte le altre fondazioni liriche, fra cui figurano nomi prestigiosi come il San Carlo di Napoli, il Comunale di Bologna, il Regio di Parma, il Carlo Felice di Genova, il Petruzzelli di Bari e altri, non navigano in buone acque? I motivi sono molteplici: da un lato i tagli operati in questi ultimi anni da parte del Ministero dei beni culturali nel finanziamento agli enti lirici. A questo proposito nel 2016 il MIBAC ha stanziato per i primi quattordici teatri d’opera italiani 183 milioni di euro, una cifra inferiore rispetto ai 191 milioni spesi nel 2011. Basti pensare che, notizia di questi giorni, l’opera di inaugurazione della stagione del Carlo Felice di Genova (“La Rondine” di Puccini), prevista per il 9 novembre non andrà in scena. Dalla fondazione del teatro ligure fanno sapere che la cancellazione dello spettacolo è dovuta al mancato stanziamento dei fondi previsti a sostegno delle istituzioni culturali dalla legge Bray (Ministro dei beni culturali nel governo Letta), a causa di una serie di intoppi burocratici. Il testo normativo prevedeva un finanziamento di 13 milioni di euro per il Carlo Felice. Quindi, anche in questo caso, il bizantinismo della legislazione italiana ci ha messo il suo zampino. Inoltre secondo alcuni, il modello di gestione economica dei teatri, dovrebbe seguire quello americano, incentrato sul finanziamento privato. A sostegno di questa tesi ci sono i casi della Scala e del Regio di Torino, proprio due dei teatri con il bilancio non in passivo, che hanno tra i loro sponsor importanti imprese o banche private (Finmeccanica, Intesa Sanpaolo ecc.). In aggiunta ci sono anche altri fattori che possono influire su questo stato di crisi dei teatri d’opera italiani. Ad esempio, il costo eccessivo dei biglietti: al San Carlo di Napoli per avere un posto in platea bisogna sborsare dagli 80 ai 100 euro, quasi 90 al Carlo Felice. A tal fine bisognerebbe ridurre il prezzo dei tagliandi, perché così, ovviamente aumenterebbero gli spettatori e, seguendo il già citato modello americano, a cui si aggiungerebbero i finanziamenti del ministero della cultura, le entrate non diminuirebbero. Inoltre sarebbe necessario aumentare l’interesse per la  lirica e la musica classica in generale da parte dei giovani. In questo senso la scuola e i mass media dovrebbero valorizzare questo importante ambito culturale, in modo tale che nei prossimi anni i teatri d’opera non rimangano vuoti.

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