Riceviamo
e pubblichiamo una testimonianza diretta sulle proteste popolari e le
manifestazioni di piazza che stanno caratterizzando il gigante sudamericano in
questi giorni.
Nell’ultima
settimana le piazze brasiliane si sono riempite di manifestanti, in un numero
che è arrivato ad un milione in pochi giorni.
Le
proteste in Brasile hanno mostrato un’insoddisfazione diffusa, cittadini comuni
si sono alzati dal divano e sono scesi in piazza pacificamente, chiedendo la
riduzione delle tariffe di trasporti pubblici, sicurezza, educazione, salute e
anche le dimissioni dei politici corrotti. Inoltre, le spese crescenti che lo
stato ha dovuto e dovrà sopportare a causa delle competizioni sportive che
avverranno in Brasile fino al 2016 hanno fatto sì che molti brasiliani si
chiedessero: "Da dove sono usciti tutti questi soldi?"; "Perché
non si è investito in salute, sicurezza e educazione?". Queste
manifestazioni, però, hanno sorpreso i governi e le autorità, perplesse, si
interrogano: "Come è possibile?"; "Chi sta dietro tutto
questo?"; "Chi li controlla?"; "Come fa un governo che
aveva più del 60% di approvazione popolare a diventare il bersaglio di tante
proteste e insoddisfazioni?". E, in ritardo, reagiscono con una
repressione poliziesca, condita da vaghe promesse per il futuro.
La
domanda “chi sta dietro a tutto questo?” troverebbe una risposta se il governo
guardasse all’ovvio che ha di fronte agli occhi: l’insoddisfazione dei giovani.
La stessa insoddisfazione che portò altre generazioni ora al potere alle
manifestazioni degli anni '60 e '70. La stessa insoddisfazione che portò i
lavoratori in sciopero tra gli anni '70 e '80 e originò il PT (Partito dos
Trabalhadores), che da dieci anni è al comando del Paese.
Ma
non sono tutte rose e fiori. I manifestanti faticano a formalizzare le loro
rivendicazioni. La moltitudine mostra una grande insoddisfazione, ma non si
concentra su obiettivi chiari. Inoltre, sono apparsi gruppi violenti che hanno
sporcato la bellezza delle proteste. Gente che ne approfitta per confrontarsi
con la polizia, rubare e creare molta confusione.
Finora
alcune rivendicazioni hanno avuto successo, anche se a livello superficiale. I
prezzi dei biglietti degli autobus sono scesi in varie città. Però la mancanza
di univocità renderà queste conquiste brevi e incapaci di raggiungere dei
risultati duraturi. È legittimo chiedere miglioramenti nell’educazione, nella
sanità, nella sicurezza e nei trasporti pubblici. Ma per ottenerli non basta la
piazza, questi cittadini dovranno protestare anche l’anno prossimo, alle
elezioni. Il voto sarà l’arma più chiara e decisiva. Non serve a niente
protestare come leoni e votare come degli asini.
Personalmente,
vedere che le persone hanno scelto finalmente di abbandonare la loro passività
e scendere in piazza a protestare contro le assurdità che accompagnavano la
vorticosa crescita del Brasile è stata una sorpresa. D’altra parte però mi
aspettavo che, prima o poi, qualcosa del genere accadesse. I problemi erano
tanti e non riuscivo a capire perché non fosse successo prima.
La
cosa curiosa è che niente di questo accade in Italia, dove esiste molta rabbia
diffusa e un malcontento generale, ma non si sono ancora verificate proteste o
manifestazioni, se non di tipo particolaristico. L’Italia sta affrontando
difficoltà simili a quelle di Grecia e Spagna, sta soffrendo per scelte di
politica economica che hanno impoverito i cittadini e le aziende, la corruzione
dei politici ha raggiunto nuovi livelli record, ma nonostante ciò nel Bel Paese
resiste ancora una strana calma. Vista dal Brasile, la rassegnazione, in
Italia, sembra prevalere sul senso di malessere e sull’indignazione.
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