mercoledì 3 luglio 2013

Il Brasile che protesta


Riceviamo e pubblichiamo una testimonianza diretta sulle proteste popolari e le manifestazioni di piazza che stanno caratterizzando il gigante sudamericano in questi giorni.

Nell’ultima settimana le piazze brasiliane si sono riempite di manifestanti, in un numero che è arrivato ad un milione in pochi giorni.
Le proteste in Brasile hanno mostrato un’insoddisfazione diffusa, cittadini comuni si sono alzati dal divano e sono scesi in piazza pacificamente, chiedendo la riduzione delle tariffe di trasporti pubblici, sicurezza, educazione, salute e anche le dimissioni dei politici corrotti. Inoltre, le spese crescenti che lo stato ha dovuto e dovrà sopportare a causa delle competizioni sportive che avverranno in Brasile fino al 2016 hanno fatto sì che molti brasiliani si chiedessero: "Da dove sono usciti tutti questi soldi?"; "Perché non si è investito in salute, sicurezza e educazione?". Queste manifestazioni, però, hanno sorpreso i governi e le autorità, perplesse, si interrogano: "Come è possibile?"; "Chi sta dietro tutto questo?"; "Chi li controlla?"; "Come fa un governo che aveva più del 60% di approvazione popolare a diventare il bersaglio di tante proteste e insoddisfazioni?". E, in ritardo, reagiscono con una repressione poliziesca, condita da vaghe promesse per il futuro.
La domanda “chi sta dietro a tutto questo?” troverebbe una risposta se il governo guardasse all’ovvio che ha di fronte agli occhi: l’insoddisfazione dei giovani. La stessa insoddisfazione che portò altre generazioni ora al potere alle manifestazioni degli anni '60 e '70. La stessa insoddisfazione che portò i lavoratori in sciopero tra gli anni '70 e '80 e originò il PT (Partito dos Trabalhadores), che da dieci anni è al comando del Paese.
Ma non sono tutte rose e fiori. I manifestanti faticano a formalizzare le loro rivendicazioni. La moltitudine mostra una grande insoddisfazione, ma non si concentra su obiettivi chiari. Inoltre, sono apparsi gruppi violenti che hanno sporcato la bellezza delle proteste. Gente che ne approfitta per confrontarsi con la polizia, rubare e creare molta confusione.
Finora alcune rivendicazioni hanno avuto successo, anche se a livello superficiale. I prezzi dei biglietti degli autobus sono scesi in varie città. Però la mancanza di univocità renderà queste conquiste brevi e incapaci di raggiungere dei risultati duraturi. È legittimo chiedere miglioramenti nell’educazione, nella sanità, nella sicurezza e nei trasporti pubblici. Ma per ottenerli non basta la piazza, questi cittadini dovranno protestare anche l’anno prossimo, alle elezioni. Il voto sarà l’arma più chiara e decisiva. Non serve a niente protestare come leoni e votare come degli asini.
Personalmente, vedere che le persone hanno scelto finalmente di abbandonare la loro passività e scendere in piazza a protestare contro le assurdità che accompagnavano la vorticosa crescita del Brasile è stata una sorpresa. D’altra parte però mi aspettavo che, prima o poi, qualcosa del genere accadesse. I problemi erano tanti e non riuscivo a capire perché non fosse successo prima.
La cosa curiosa è che niente di questo accade in Italia, dove esiste molta rabbia diffusa e un malcontento generale, ma non si sono ancora verificate proteste o manifestazioni, se non di tipo particolaristico. L’Italia sta affrontando difficoltà simili a quelle di Grecia e Spagna, sta soffrendo per scelte di politica economica che hanno impoverito i cittadini e le aziende, la corruzione dei politici ha raggiunto nuovi livelli record, ma nonostante ciò nel Bel Paese resiste ancora una strana calma. Vista dal Brasile, la rassegnazione, in Italia, sembra prevalere sul senso di malessere e sull’indignazione.  

Nessun commento:

Posta un commento